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Responsabilità degli enti e società unipersonali. Il punto (fermo) della Cassazione.

Responsabilità degli enti e società unipersonali
231

Responsabilità degli enti e società unipersonali. Il punto (fermo) della Cassazione.

Cassazione Penale, Sez. VI, 6 dicembre 2021 (ud. 16 febbraio 2021), n. 45100

La sesta sezione penale della Corte di Cassazione affronta il tema della applicabilità del D.Lgs. n. 231/2001 alle società unipersonali.

1. LA QUESTIONE

La pronuncia nasce a seguito del ricorso presentato contro un provvedimento del Tribunale di Pescara, il quale annullava un’ordinanza cautelare con cui, ritenendo il G.I.P. sussistenti i gravi indizi a carico di alcune società unipersonali in ordine agli illeciti di cui agli artt. 21-25 D.lgs. 231/01 riferiti al reato-presupposto di corruzione propria, aveva disposto la misura interdittiva del divieto di contrarre con la PA.

L’annullamento da parte del Riesame veniva fondato sul presupposto che la società unipersonale, per la sua organizzazione composta e gestita dall’unico socio a cui era contestata la corruzione, fosse sottratta alla responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/01.

Contro la determinazione del Tribunale, proponeva ricorso in Cassazione il Pubblico Ministero. 

2. SOCIETÀ UNIPERSONALI E IMPRESE INDIVIDUALI. QUALI DIFFERENZE?

Nel pronunciarsi sul ricorso, la Corte ha preso le mosse dalla considerazione secondo cui il dubbio sull’applicabilità o meno del modello di responsabilità 231 alle società unipersonali può essere risolto solo avendo chiara la distinzione, si può dire significativa, intercorrente tra le imprese individuali e le società unipersonali

Sebbene, infatti, tra le due tipologie di imprese vi siano analoghi modelli organizzativi che si sostanziano nell’estrema semplificazione della struttura e nella snellezza della relativa gestione, tuttavia, non si possono ignorare le differenze – insuperabili e dirimenti, almeno in ottica 231 – tra esse intercorrenti.

1.La società unipersonale, infatti è un soggetto giuridico:

a) Autonomo e differente rispetto alla persona fisica che ne rappresenta la compagine;

b) Metaindividuale” e cioè dotato di una personalità distinta rispetto a quella dell’unico socio;

c) Caratterizzato dalla marcata separazione tra patrimonio societario e patrimonio del socio.

2.L’impresa individuale, viceversa:

a) È perfettamente coincidente, anche sul piano patrimoniale, con la persona-fisica dell’imprenditore che la conduce;

b) Non ha una propria e distinta personalità giuridica;

c) Anche qualora dotata di un’organizzazione complessa, non può mai essere ritenuta un ente per le ragioni elencate nei punti che precedono.

Ne deriva che: 

  1. Non essendo ente, l’impresa individuale è giocoforza sottratta dall’ambito di applicazione della responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/01;
  2. Mentre, al contrario, la società unipersonale, in quanto avente un autonomo centro di imputazione distinto – anche in termini di responsabilità – dal suo (unico) socio è senz’altro soggetta al Decreto 231.

3. QUANDO SI CONFIGURA LA RESPONSABILITÀ 231 PER LE UNIPERSONALI?

Chiarita, dunque, l’applicabilità in linea di principio del D.Lgs. 231/01 alla società a socio unico, discorso a parte deve essere condotto con riferimento alla valutazione in concreto da svolgere circa l’effettiva ricorrenza, ogni volta, di un profilo di responsabilità in capo alla stessa lì dove un reato-presupposto venisse contestato al socio.

Sotto tale profilo, infatti, ben può accadere che nonostante la realizzazione di una fattispecie rilevante in ottica 231 si debba poi escludere la correlativa responsabilità in capo alla società avendo la persona fisica agito (utilizzando sì strumentalmente l’ente ma) per il perseguimento di un proprio esclusivo interesse e non già (anche solo in parte) nell’interesse o a vantaggio della società stessa (art. 5, co. 1 D.Lgs. 231/2001).

In una simile ipotesi la commistione tra interesse del socio autore del reato e quello della società unipersonale, nonché la reciproca loro compenetrazione, conducono a ritenere impossibile immaginare, sottolinea la Corte, “una colpevolezza normativa dell’ente – di fatto inesigibile – disgiunta da quella dell’unico socio

Ciò in quanto l’interesse esclusivo che anima il singolo nella condotta illecita determina la lacerazione del rapporto di immedesimazione organica tra egli e la società (art. 5, co. 2 D.Lgs. 231/2001) impedendo, in ultima analisi, la trasmissibilità (o l’imputazione) a questa della responsabilità per il fatto del singolo.

La domanda, a questo punto, è: quali criteri adoperare per verificare se il grado di interferenza tra gli interessi, rispettivamente del socio e della società, sia talmente intenso da non consentire di distinguere l’uno dall’altro e, dunque, di ascrivere (anche) alla seconda (la società unipersonale) la responsabilità per il fatto del primo (socio unico)?

La risposta è contenuta nella pronuncia in commento ove i Giudici di legittimità avvertono che in questo caso il parametro valutativo che deve orientare l’interprete non può essere fondato su elementi esclusivamente “quantitativi”, focalizzati solo sulla dimensione dell’impresa. 

Tanto perché:

  1. Se da un lato l’indice dimensionale potrebbe senz’altro aiutare a mantenere autonomi l’interesse del socio da quello dell’ente quando ci si trova dinanzi a realtà – anche se unipersonali – molto complesse, articolate e patrimonializzate o a loro volta partecipate da altre società di capitali;
  2. Dall’altro, esso non garantirebbe un pari risultato per gli enti di piccole dimensioni, soprattutto quando trattasi di società create ad hoc per “frammentare e polverizzare i rischi economici e normativi” connessi alle attività imprenditoriali; dunque, con finalità elusive della normativa cui sono soggette.

Al criterio quantitativo, pertanto, vanno necessariamente associati anche elementi valutativi di tipo funzionale che riguardino, tra l’altro: 

  • L’organizzazione della società;
  • L’attività in concreto realizzata;
  • I rapporti tra socio unico e società;
  • L’esistenza di un interesse sociale ed il suo perseguimento.

Trattasi di indici i quali, puntando ad una verifica realistica di quanto il contesto societario sia davvero autonomo nel proprio assetto organizzativo, nelle modalità di pianificazione dei processi, nonché nell’attuazione delle decisioni assunte dal vertice, si rivelano irrinunciabili per accertare se nel concreto si configuri quel rapporto di immedesimazione organica tra persona fisica e società di cui si è detto per cui l’agire illecito del singolo viene ascritto (anche) all’ente in termini di interesse o vantaggio (autonomi) che ne siano derivati per quest’ultimo.

Un accertamento che si rende tanto più essenziale, oltre che per determinare la ricorrenza in concreto di una responsabilità 231 per l’ente coinvolto, anche per evitare il rischio che la persona fisica, costituendo una società unipersonale “di comodo”, di ridotte dimensioni e con struttura minima, “da una parte, sisottragga alla responsabilità patrimoniale illimitata”, e, dall’altra, punti ad evitare “l’applicazione del d. lgs. n. 231, sostenendo di essere” cioè che in realtà non è, vale a dire “una impresa individuale”

Scarica qui la sentenza

Avv. Adamo Brunetti

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