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L’elaborazione dei codici di comportamento 231 delle associazioni rappresentative di enti: il Ministero della Giustizia pubblica dei criteri guida

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231 / Giustizia / reati

L’elaborazione dei codici di comportamento 231 delle associazioni rappresentative di enti: il Ministero della Giustizia pubblica dei criteri guida

Con la pubblicazione dei “Criteri guida per la redazione di codici di comportamento  delle associazioni rappresentative degli enti” del 10 febbraio 2025, il Ministero della Giustizia ha inteso delineare un quadro metodologico e contenutistico per la redazione dei codici di comportamento da parte delle associazioni rappresentative di enti.

codici di comportamento sono strumenti che aiutano le imprese a implementare modelli di gestione conformi al D.Lgs. 231/2001 e a ridurre il rischio di responsabilità amministrativa. Redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, servono come linee guida settoriali per garantire procedure efficaci di prevenzione dei reati.

Le nuove linee guida ministeriali del 2025 ribadiscono il ruolo di questi strumenti, chiarendo che:

  • costituiscono un forte elemento di riferimento per la costruzione del modello organizzativo;
  • rappresentano un elemento per valutare l’idoneità dei modelli 231 costituendo, quindi, un fattore di mitigazione della responsabilità in sede giudiziaria;
  • sono sottoposti alla valutazione ed approvazione del Ministero, che può formulare osservazioni per migliorarne l’efficacia preventiva.

Vediamo nel dettaglio il contenuto dei criteri guida ministeriali.

Il documento ministeriale, pur privo di natura vincolante, riveste un valore normativo sostanziale, in quanto costituisce parametro di riferimento tecnico per le associazioni e criterio valutativo per l’amministrazione nell’esame delle comunicazioni effettuate ai sensi della normativa citata.

Il quadro normativo in cui si colloca il documento è dato, oltre che dal d.lgs. 231/2001, anche dal D.M. 6 febbraio 2020, con particolare riguardo all’art. 6, che individua le condizioni per l’iscrizione delle associazioni nell’elenco del Ministero. La ratio sottesa alla previsione dei codici di comportamento è quella di garantire che le associazioni rappresentative, nel proporre modelli organizzativi agli enti, si dotino esse stesse di strumenti di autoregolazione in grado di riflettere i principi fondamentali dell’ordinamento, tra cui il buon andamento, l’imparzialità, la responsabilità e la prevenzione della corruzione.

Il documento si apre con una ricognizione della funzione dei codici di comportamento, intesi non come meri strumenti formali, ma come strumenti di prevenzione sostanziale del rischio. Viene sottolineato che la redazione di tali codici deve tenere conto di:

  • tipologia degli enti rappresentati;
  • natura delle attività svolte e
  • del contesto di riferimento.

Il Ministero chiarisce che la valutazione della conformità del codice alle finalità previste dalla normativa è condotta in base a criteri di coerenza sistemica, efficacia preventiva, chiarezza espositiva e aggiornabilità.

Ciò comporta che i codici devono contenere disposizioni atte a indirizzare concretamente i comportamenti dei soggetti associati, con riferimento sia agli obblighi positivi che ai divieti, in particolare nella gestione dei rapporti con la pubblica amministrazione e con soggetti privati.

Un aspetto centrale dell’analisi riguarda la struttura del codice di comportamento. I criteri guida raccomandano che il documento sia articolato in sezioni coerenti, esplicitando chiaramente:

  • principi generali,
  • norme di condotta,
  • misure attuative e
  • meccanismi di controllo.

È valorizzata l’inclusione di un preambolo che espliciti la missione associativa e il collegamento con i valori costituzionali, in modo da rafforzare l’identità etica dell’organizzazione. Inoltre, viene sottolineata l’importanza della tipizzazione delle condotte illecite e dell’individuazione di criteri oggettivi per la valutazione delle violazioni.

Il Ministero pone attenzione anche al procedimento di adozione dei codici, richiedendo che tale processo sia formalizzato e trasparente, con il coinvolgimento degli organi statutari e, ove possibile, di forme di consultazione partecipata. Tale impostazione è coerente con le indicazioni provenienti dal Consiglio di Stato in materia di regolamentazione interna delle organizzazioni associative, che valorizzano il principio di democraticità interna come elemento di legittimazione dell’autoregolamentazione. Particolare rilievo è riconosciuto alla necessità di prevedere meccanismi di diffusione, formazione e aggiornamento del codice, al fine di garantirne l’effettività e l’internalizzazione da parte dei destinatari.

Sotto il profilo applicativo, il documento suggerisce l’introduzione di sistemi di monitoraggio dell’osservanza del codice, nonché l’istituzione di organismi interni, anche a carattere consultivo o ispettivo, in grado di verificare il rispetto delle disposizioni e proporre eventuali misure correttive. Si tratta di indicazioni che trovano fondamento nella giurisprudenza amministrativa e nella prassi dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), in tema di strumenti di soft law applicati ai modelli organizzativi.

Infine, i criteri guida evidenziano l’importanza di un linguaggio tecnico-giuridico accessibile e non eccessivamente formalistico, al fine di favorire la comprensibilità e l’efficacia precettiva delle disposizioni contenute nei codici. Tale scelta risponde all’esigenza, sempre più avvertita nella disciplina dell’autoregolazione, di garantire un equilibrio tra rigore normativo e chiarezza comunicativa.

In conclusione, il documento del Ministero della Giustizia si configura come un intervento di regolazione flessibile, ma incisivo, volto a rafforzare la qualità dei codici di comportamento delle associazioni rappresentative e, per il loro tramite, a promuovere una cultura dell’integrità all’interno del tessuto associativo e imprenditoriale. Esso si inserisce nel più ampio sistema delle misure di prevenzione della responsabilità amministrativa degli enti, contribuendo a una più efficace implementazione dei modelli ex d.lgs. 231/2001, in coerenza con i principi costituzionali di legalità, buon andamento e tutela dell’interesse pubblico.

Di seguito il link per consultare il documento: guida_redazione_codici_enti_10feb2025.pdf

Avv. Adamo Brunetti

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