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Cassazione alle prese con la tipizzazione del traffico di influenze illecite

Cassazione alle prese con la tipizzazione del traffico di influenze illecite
anticorruzione

Cassazione alle prese con la tipizzazione del traffico di influenze illecite

Cassazione Penale, Sez. VI, 13 gennaio 2022 (ud. 14 ottobre 2021), n. 1182

Con la sentenza n. 1182 del 13 gennaio 2022, la Corte di Cassazione è ritornata nuovamente sul reato di traffico di influenze illecite (art.346-bis c.p.) e sul presupposto di illiceità della mediazione c.d. onerosa

1. LA VICENDA AL VAGLIO DELLA CORTE

La pronuncia in commento è derivata da un ricorso per Cassazione proposto contro il provvedimento del Tribunale di Roma che aveva rigettato l’istanza di riesame del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, disposto dal GIP nei confronti dell’istante, e relativo ad ingenti somme individuate quali profitto di un’attività di traffico di influenze illecite.

La vicenda rientra nell’ambito degli acquisti di dispositivi di protezione individuale ordinati dal Commissario per l’emergenza covid durante la prima fase della pandemia.

L’indagato in tale procedimento, in particolare, si sarebbe fatto consegnare – questa la prospettazione accusatoria accolta dal Tribunale capitolino – una somma di denaro da parte di imprenditori interessati a vendere i detti dispositivi, a titolo di compenso per l’intermediazione indebita che egli avrebbe messo in atto con l’allora Commissario (c.d. mediazione onerosa come si vedrà più avanti).

Una parte del denaro sarebbe poi transitata sui conti di una società facente capo alla moglie dell’indagato stesso, destinataria della misura cautelare reale.

Nel ricorso veniva dedotta la violazione di legge da parte del giudice di primo grado per la non corretta valutazione condotta circa la sussistenza, nel caso specifico, del fumus del delitto contestato (art. 346-bis c.p.).

Il Tribunale, infatti, avrebbe dedotto – a detta del difensore dell’istante – gli elementi costitutivi del traffico di influenze illecite:

a) Dalla circostanza dei rapporti confidenziali e preesistenti ai fatti tra mediatore e Commissario;

b) Dall’assenza di alcun titolo in capo al mediatore che lo legittimasse all’attività condotta nel caso di specie;

c) Dalla mancanza di un contratto scritto per lo svolgimento della mediazione,

senza tuttavia preoccuparsi di verificare se l’intermediazione realizzata dall’indagato fosse effettivamente illecita

Da questo punto di vista, infatti, il reato di cui all’art. 346-bis. c.p. non si sostanzierebbe in un mero “traffico di influenza”, cioè nella semplice mediazione, ma richiede che tale mediazione sia connotata anche da elementi di illiceità che possono ricavarsi:

  1. Dal fine (anche se solo) manifestato al privato (e non attuato) di corrompere il pubblico ufficiale;
  2. Dall’inganno in cui il privato viene attratto dal mediatore, il che esclude la configurabilità in capo a costui della corruzione;
  3. Nel fatto che l’iniziativa criminosa sia del mediatore e non del funzionario pubblico che, al contrario, inconsapevole del proposito criminoso, assume il ruolo di vittima del reato

2. LA QUESTIONE GIURIDICA. LA MEDIAZIONE ONEROSA.

Nell’accogliere il ricorso la Corte evidenzia, innanzi tutto, come il fondamento di tipicità del reato di cui all’art.346-bis c.p. abbia subito nel tempo un’espansione, in particolare con l’avvento della Legge 9 gennaio 2019, n. 3 (conosciuta anche come “Legge spazzacorrotti”).

Con la “Spazzacorrotti”, infatti: 

  • È stato abrogato il reato di millantato credito sulla base delle disposizioni internazionali “che sollecitavano la punizione della compravendita di influenza”; 
  • È stata soppressa la limitazione, contenuta nel precedente testo dell’art. 346-bis c.p., che considerava penalmente rilevante solo l’influenza condotta sul pubblico ufficialein relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio”
  • È stato eliminato il riferimento alla patrimonialità del corrispettivo al mediatore, oggi indicato più genericamente con il termine utilità“; 
  • È stato esteso l’ambito di operatività del traffico di influenze anche agli accordi per il condizionamento di un pubblico ufficiale straniero o altro soggetto menzionato nell’art. 322-bis cod. pen. (traffico di influenze c.d. internazionale).

La conseguenza è che, così inquadrato, l’art. 346 bis c.p. svolge oggi una funzione anticipatoria della tutela dell’interesse protetto coincidente con i “beni della legalità e della imparzialità della pubblica amministrazione”.

Ciò avviene mediante la criminalizzazione di comportamenti che nell’escalation criminale precedono condotte ben più gravi ed allarmanti, come quelle corruttive vere e proprie.

Quanto alle modalità con cui il traffico di influenze illecite si esplica, la Corte sottolinea come “anche dopo la novella del 2019, la materialità del fatto incriminato dall’art. 346- bis cod. pen. continua a descrivere due condotte tra loro alternative, che differiscono in ordine alla causa ed alla giustificazione della promessa/dazione del compratore di influenze”

  1. Da un lato, vi è un approccio del committente volto a remunerare l’intermediario per l’illecita mediazione condotta presso il funzionario pubblico (c.d. mediazione onerosa);
  2. Dall’altro, invece, uno fondato sulla corresponsione al mediatore di una provvista da far pervenire al soggetto pubblico per fini corruttivi (c.d. mediazione gratuita)

Per quel che concerne, invece, al rapporto tra mediatore e pubblico funzionario, esso assumerà modalità attuative differenti a seconda delle circostanze che caratterizzano l’atteggiamento del mediatore e quindi concretizzarsi:

a) In una relazione tra mediatore e pubblico funzionario già esistente al momento in cui la condotta viene realizzata e, dunque, in una reale capacità di influenza del primo sul secondo della quale il “compratore può essere già a conoscenza

b) In una relazione inesistente al momento in cui il “l’influenza” viene venduta ma rispetto a cui il “compratore” nutre la consapevolezza della relativa attuazione da parte del “venditore” stante lacapacità di influenza potenzialeche costui esprime (ad es. per il prestigio sociale o professionale);

c) In una relazione esistente ma enfatizzata dal mediatore che la fa apparire più intensa di quanto non lo sia in concreto;

d) In una relazione inesistente all’atto della condotta, che il mediatore sa essere irrealizzabile nel futuro ma che il “compratore” ritiene invece esistente o realizzabile perché indotto in inganno dal mediatore.

Dopo tali premesse, la Corte si sofferma quindi nell’analisi delle differenze tra la mediazione illecita gratuita e quella onerosa, quest’ultima oggetto della vicenda in esame

A. Nella mediazione gratuita il privato committente da o promette al “trafficante di influenza” un corrispettivo affinché provveda a remunerare il funzionario pubblico. Qui l’accordo illecito assume, a detta dei giudici, “una finalità prospetticamente corruttiva e si colloca in uno stadio anticipato rispetto alle fattispecie previste dagli artt. 318 ss. cod. pen.” 

In particolare, l’utilità promessa o erogata dal “cliente” costituisce il prezzo che l’intermediario dovrà versare al pubblico agente per ottenere uno specifico atto dell’ufficio, per “asservirlo” stabilmente o semplicemente per instaurare una relazione privilegiata da sfruttare nel futuro.

In simili ipotesi – asseriscono i giudici di legittimità – “il carattere illecito della mediazione è più facilmente percepibile e configurabile, atteso il carattere intrinsecamente ed auto-evidente illecito del “contratto”.

Qualora, poi, dovesse realizzarsi il pagamento indebito si configurerà un concorso trilaterale in corruzione tra gli aderenti al patto d’influenza ed il pubblico agente indebitamente remunerato.

B. Nella mediazione onerosa, viceversa, la prestazione del committente costituisce il corrispettivo per il solo interessamento illecito dell’intermediario nei confronti del funzionario senza alcuna finalità di remunerazione per quest’ultimo

In tali casi il problema concreto sui cui la pronuncia in commento si sofferma è quello di comprendere quando una mediazione, per quanto onerosa e funzionale ad ottenere un provvedimento in qualche modo favorevole della P.A. possa definirsi “illecita” se non sia connotata anche da “pressioni estorsive” o “condizionamenti corruttivi”.

Come sottolineano i giudici, invero, dopo la riforma del 2019 la punibilità della mediazione onerosa viene ancorata almero accordo tra committente e intermediario, originato, sul piano dei motivi, dalla possibilità di sfruttare una relazione reale con il pubblico agente ovvero semplicemente indotta dalla ostentazione di relazioni in tutto o in parte ineffettive.”

L’accordo, nelle intenzioni del mediatore e del committente, deve essere finalizzato ad “influenzarel’operato del “pubblico agente-bersaglio“, indipendentemente dal fatto se le influenze siano realmente esercitate o se l’obiettivo sia effettivamente conseguito.

Sulla base di siffatto presupposto, dunque, la Cassazione giunge senz’altro ad estromettere dal perimetro della mediazione onerosa illecita:

  • Il mero accordo tra committente e mediatore, dal momento che la semplice intesa contrattuale raggiunta tra le parti non è di per sé in grado di arrecare pregiudizio al bene protetto dalla norma incriminatrice, quello cioè dell’imparzialità della P.A. e della sua impermeabilità rispetto alle interferenze esterne; se così non fosse e, quindi, venisse punita la mera intenzione di un intervento sul funzionario pubblico verrebbero lesi i principi fondamentali di materialità del fatto, di tipicità, di frammentarietà e di offensività;
  • Il solo contatto tra privato e mediatore intervenuto sulla scorta di una relazione esistente tra i due e sulla consapevolezza da parte del privato circa le potenzialità di contatto dell’intermediario verso il pubblico funzionario;
  • Un qualunque accordo tra committente e mediatore illegittimo sul piano civilistico in quanto non conforme ad un tipo negoziale previsto dal Codice Civile. Sotto tale profilo, ribadiscono i giudici che la mediazione illecita alla quale si riferisce l’art. 346-bis c.p. fa riferimento: “a quel sistema di rapporti, che, pur non essendo riconducibili tecnicamente al contratto [di mediazione n.d.r.] in questione, si caratterizzano nondimeno per la presenza di “procacciatori d’affari” ovvero per mere “relazioni informali” fondate su opacità diffuse, da scarsa trasparenza, da aderenze difficilmente classificabili”. 

Al netto, dunque delle esclusioni appena operate, il provvedimento della Cassazione individua in ultima analisi, e condivisibilmente, l’illiceità penale della mediazione onerosa nell’obiettivo finale che l’influenza indebita è protesa a conseguire, vale a dire un fatto costituente reato, di per sé “idoneo a produrre vantaggi al committente”. 

È illecita, in altri termini,quella mediazione il cui “programma contrattuale che permea la finalità del committente e giustifica l’incarico al mediatore” sia rappresentato dall’inquinamento della funzione pubblica, dal condizionamento dell’imparzialità amministrativa, nonché – da ultimo – dalla compromissione della discrezionalità di cui la pubblica amministrazione stessa è, nell’esercizio del proprio potere, depositaria.

3. LA DECISIONE

All’esito della ricostruzione del delitto ex art. 346-bis c.p. appena vista, la Cassazione ha accolto il ricorso su cui è stata chiamata a pronunciarsi.

Ciò in quanto, alla luce dei principi innanzi esposti, l’elemento in base al quale il Tribunale ha valutato sussistente la fattispecie contestata, vale a dire il pregresso e consolidato rapporto personale tra mediatore e Commissario per l’emergenza covid, non può ritenersi sufficiente a disvelare alcuna finalità indebita nell’accordo tra committente e mediatore.

Il che non permette di considerare configurato in concreto il traffico di influenze illecite che – come visto – presuppone un contratto illecito tra privato e mediatore.

Ai fini dell’accertamento di detta illiceità, infatti, quel che assume rilevanza: “è la ricostruzione dell’oggetto della “mediazione”, della volontà del committente, dell’impegno, del programma obbligatorio, dell’opera che il mediatore si obbliga a porre in essere”. 

Un accertamento, spiegano i giudici nella pronuncia, “che, sotto il profilo probatorio, deve essere compiuto caso per caso, poiché nella relativa analisi potranno essere considerate rilevanti circostanze quali:

a) “le aspettative specifiche del committente, cioè il movente della condotta del privato compratore”;

b) “il senso, la portata ed il tempo della pretesa di questi”;

c) “la condotta in concreto che il mediatore assume di dover compiere con il pubblico agente”;

d) “il rapporto di proporzione tra il prezzo della mediazione ed il risultato che si intende perseguire”;

e) “i profili relativi alla illegittimità negoziale del contratto”.

Nel caso di specie, invece, secondo la Cassazione un simile approfondimento è mancato, posto che il Tribunale ha mancato di spiegare:

a) Le finalità della mediazione asseritamente illecita;

b) In che termini la pubblica funzione sarebbe stata inquinata secondo l’accordo assunto tra i contraenti; 

c) Il comportamento inquinante che il mediatore avrebbe dovuto assumere; 

d) Da chi fu assunta l’iniziativa della mediazione ed i termini di illiceità della stessa

Tutti motivi, questi, che hanno portato all’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Scarica qui la sentenza

Avv. Adamo Brunetti

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