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Le nuove Linee Guida ANAC su Whistleblowing e gli orientamenti dell’Autorità sull’applicazione della disciplina delle segnalazioni appena introdotta in Italia. Parte 7 – La divulgazione pubblica.

Le nuove Linee Guida ANAC su Whistleblowing e gli orientamenti dell’Autorità sull’applicazione della disciplina delle segnalazioni appena introdotta in Italia. Parte 7 – La divulgazione pubblica.
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Le nuove Linee Guida ANAC su Whistleblowing e gli orientamenti dell’Autorità sull’applicazione della disciplina delle segnalazioni appena introdotta in Italia. Parte 7 – La divulgazione pubblica.

Settimo ed ultimo approfondimento delle Linee Guida ANAC sul whistleblowing (Delibera n° 311 del 12 luglio 2023 – “Linee Guida in materia di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali”).

Oggetto di analisi in questo articolo sarà la c.d. divulgazione pubblica.

1.    La disciplina della divulgazione pubblica.

La divulgazione pubblica rappresenta indubbiamente un’innovazione senza precedenti introdotta dal D.Lgs. n. 24/2023 nella materia delle segnalazioni.

Attraverso, invero, tale canale divulgativo le informazioni su illeciti e violazioni sono rese di pubblico dominio per il tramite della stampa o di un qualunque mezzo elettronico o comunque attraverso mezzi di diffusione in grado di raggiungere, in brevissimo tempo, un numero elevato di persone.

Nell’ottica del legislatore italiano che ha recepito la Direttiva (UE) 2019/1937 si tratta di un presidio che va a rinforzare l’intero impianto normativo costruito intorno alle segnalazioni di irregolarità nella misura in cui – appunto –offre ai segnalanti una chance ulteriore per rendere note e far conoscere situazioni illecite.

Un’opportunità, si badi, che si attiva (o che almeno dovrebbe attivarsi) nel momento in cui (e solo nel momento in cui) i canali interno ed esterno non siano in grado – perché non hanno funzionato adeguatamente o perché non sono adeguati nella situazione concreta – di garantire gli obiettivi di conoscibilità dei fatti e di tutela dei segnalanti che il legislatore ad essi affida.

Ciò detto, è facile comprendere come, per quanto innovativa, la divulgazione pubblica rappresenta uno strumento particolarmente delicato per le potenzialità che le sono insite e che potrebbero renderla – se non usata correttamente – un mezzo distruttivo più che di supporto nel contrasto alle illegalità.

Riprendendo il pensiero espresso sul punto da Confindustria nel Position Paper allo Schema di Decreto legislativo attuativo della Direttiva Whistleblowing, “ancorché tale divulgazione possa risultare in un secondo momento destituita di fondamento, è [di per sé – n.d.r] idonea a creare un danno reputazionale grave e irreparabile alle c.d. persone coinvolte, con conseguenze economiche e potenziali rischi per la stessa continuità d’impresa”.

Anche nell’ottica di un impiego equilibrato della divulgazione pubblica, l’art. 15 D.Lgs. 24/2023 ne subordina l’accesso al ricorrere di una delle seguenti condizioni:

  1. Se ad una segnalazione interna a cui l’amministrazione/ente non abbia dato riscontro nei termini previsti abbia fatto seguito una segnalazione esterna ad ANAC la quale, a sua volta, non abbia fornito riscontro al segnalante entro termini ragionevoli;
  2. Se la persona abbia già effettuato direttamente una segnalazione esterna ad ANAC la quale, tuttavia, non ha dato riscontro al segnalante in merito alle misure previste o adottate per dare seguito alla segnalazione entro termini ragionevoli;
  3. Se la persona abbia fondato motivo di ritenere, ragionevolmente, sulla base di circostanze concrete e quindi, non su semplici illazioni, che la violazione oggetto di divulgazione possa rappresentare un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse per cui i canali interno ed esterno non possano considerarsi idonei a far conoscere tale pericolo;
  4. Se il segnalante abbia fondati motivi di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni oppure possa non avere efficace seguito.

È importate sottolineare che è attività ben diversa dalla divulgazione pubblica, anche secondo l’Autorità, quella di fornire informazioni ai giornalisti divenendone una fonte.

In tali casi, infatti, il D.Lgs. 24/2023 (art. 15, co. 2) prevede che restino ferme le norme sul segreto professionale degli esercenti la professione giornalistica, con riferimento alla fonte della notizia, e ciò perché il soggetto che fornisce informazioni costituisce una fonte per il giornalismo di inchiesta ed esula dalle finalità perseguite con il Decreto stesso.  

2.    Approfondimenti di ANAC sulla divulgazione pubblica.

La divulgazione pubblica sottende che le informazioni sulle violazioni siano rese di pubblico dominio, tenendo conto dell’evoluzione dei mezzi di diffusione di massa, includendovi anche i social media che costituiscono uno strumento rapido e interattivo di trasmissione e veicolazione di informazioni e scambi tra reti di persone e organizzazioni.

La divulgazione pubblica delle violazioni deve avvenire nel rispetto delle condizioni poste dal legislatore affinché poi il soggetto che la effettua possa beneficiare delle tutele riconosciute dal decreto.  

Come anticipato, la protezione è riconosciuta se al momento della divulgazione ricorra una delle condizioni stabilite dall’art. 15 D.Lgs. 24/2023.

In particolare, per quanto riguarda la prima casistica, relativa al mancato riscontro alla segnalazione interna, la tempistica è pari a tre mesi dalla data dell’avviso di ricevimento o, in mancanza di tale avviso, entro tre mesi dalla scadenza del termine di sette giorni dalla presentazione della segnalazione, alla quale abbia fatto seguito una segnalazione esterna ad ANAC la quale, a sua volta, non ha fornito riscontro al segnalante entro termini ragionevoli.

Tali termini sono pari a tre mesi o, se ricorrono giustificate e motivate ragioni, sei mesi dalla data di avviso di ricevimento della segnalazione esterna o, in mancanza di detto avviso, dalla scadenza dei sette giorni dal ricevimento.

Il secondo caso prevede che la persona abbia già effettuato direttamente una segnalazione esterna ad ANAC la quale, tuttavia, non ha dato riscontro al segnalante in merito alle misure previste o adottate per dare seguito alla segnalazione entro termini ragionevoli (tre mesi o, se ricorrono giustificate e motivate ragioni, sei mesi dalla data di avviso di ricevimento della segnalazione esterna o, in mancanza di detto avviso, dalla scadenza dei sette giorni dal ricevimento).

La terza condizione prevede che la persona effettui direttamente una divulgazione pubblica in quanto ha fondato motivo di ritenere, ragionevolmente, sulla base di circostanze concrete allegate ed informazioni effettivamente acquisibili e, quindi, non su semplici illazioni, che la violazione possa rappresentare un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

L’Autorità Anticorruzione sul punto pone in rilievo l’esempio di una situazione di emergenza o al rischio di danno irreversibile, anche all’incolumità fisica di una o più persone, che richiedono che la violazione sia svelata prontamente e abbia un’ampia risonanza per impedirne gli effetti.

Infine, vi è la condizione secondo la quale la persona effettua direttamente una divulgazione pubblica poiché abbia fondati motivi – nei termini sopra precisati – di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni oppure possa non avere efficace seguito perché, ad esempio, teme che possano essere occultate o distrutte prove oppure che chi ha ricevuto la segnalazione possa essere colluso con l’autore della violazione o coinvolto nella violazione stessa.

Si consideri, a titolo esemplificativo, il caso in cui chi riceve la segnalazione di una violazione, accordandosi con la persona coinvolta nella violazione stessa, proceda ad archiviare detta segnalazione in assenza dei presupposti. 

La precisazione importante che l’Autorità evidenzia è che, nell’ambito della divulgazione pubblica, ove il soggetto riveli volontariamente la propria identità, non viene in rilievo la tutela della riservatezza, ferme restando tutte le altre forme di protezione previste dal decreto per il whistleblower.

Laddove, invece, la divulgazione avvenga utilizzando, ad esempio, uno pseudonimo o un nickname, che non consente l’identificazione del divulgatore, ANAC tratterà la divulgazione alla stregua di una segnalazione anonima e avrà cura di registrarla, ai fini della conservazione, per garantire al divulgatore, qualora sia successivamente disvelata l’identità dello stesso, le tutele previste nel caso in cui subisca ritorsioni.  

Avv. Adamo Brunetti

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