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Le nuove Linee Guida ANAC su Whistleblowing e gli orientamenti dell’Autorità sull’applicazione della disciplina delle segnalazioni appena introdotta in Italia. Parte 3.

Whistleblowing. Parte 3
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Le nuove Linee Guida ANAC su Whistleblowing e gli orientamenti dell’Autorità sull’applicazione della disciplina delle segnalazioni appena introdotta in Italia. Parte 3.

Terzo appuntamento con gli approfondimenti della Delibera ANAC n° 311 del 12 luglio 2023 recante le “Linee Guida in materia di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali”.

In questa terza parte il focus riguarderà gli approfondimenti che ANAC propone con riferimento al canale esterno ed alla divulgazione pubblica.

1. Il canale esterno. Introduzione.

Il D.Lgs. 24/2003 prevede, all’art. 7, per i soggetti sia del settore pubblico che di quello privato la possibilità di effettuare una segnalazione attraverso un canale esterno istituito presso ANAC, purché – ovviamente – ricorrano le condizioni per accedere a tale strumento.

A tal riguardo l’Autorità ha predisposto un apposito Regolamento per la gestione delle segnalazioni esterne (“Regolamento per la gestione delle segnalazioni esterne e per l’esercizio del potere sanzionatorio dell’ANAC in attuazione del decreto legislativo 10 marzo 2023, n. 24”, di cui alla delibera n. 301 del 12 luglio 2023) il quale disciplina il funzionamento di tale canale il quale deve garantire, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione. 

Quali sono i presupposti per accedere alla segnalazione esterna?

Essi sono indicati all’art. 6 D.Lgs. 24/2023 il quale prevede il ricorso al canale di ANAC quando:

  1. Il canale interno
    1. Non è attivo perché non obbligatorio o perché l’organizzazione non ha adempiuto all’obbligo di attivarlo pur essendovi tenuta;
    1. È stato attivato ma non è conforme a quanto previsto dal legislatore in merito ai soggetti e alle modalità di presentazione delle segnalazioni;
  2. La persona ha inoltrato la segnalazione interna ma a questa non è stato dato seguito;
  3. Il segnalante ha fondati motivi di ritenere che se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non verrebbe dato efficace seguito, ovvero che questa potrebbe determinare un rischio di ritorsione;
  4. L’interessato ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

2. Il canale esterno. Approfondimenti.

Con riferimento alle condizioni appena esposte, nelle sue Linee Guida l’ANAC propone quindi i seguenti approfondimenti:

  1. Con riferimento alla mancata o inadeguata attivazione del canale interno, il Decreto 24/2023 contempla – come visto – anche l’ipotesi in cui non sia prevista, nell’ambito del contesto lavorativo di riferimento, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna.

Tale fattispecie, secondo l’Autorità, presenta delle difficoltà applicative in quanto, per come è strutturato il Decreto, il soggetto è tutelato se l’ente presso cui lavora e/o collabora rientra tra quelli tenuti ad applicare la disciplina in questione.

Ne consegue che, se il canale non è istituito perché l’ente non vi è obbligato, il segnalante non dovrebbe essere considerato un whistleblower e non dovrebbe poter trasmettere di conseguenza segnalazioni ad ANAC.

  • Riguardo alla seconda condizione, quella cioè in cui la segnalazione interna non abbia avuto alcun seguito, essa ricorre – in base a quanto ripreso nelle Linee Guida – in tutte le ipotesi nelle quali il canale interno sia stato utilizzato dal segnalante senza tuttavia che la persona o l’ufficio cui è affidata la relativa gestione abbia intrapreso, entro i termini previsti dal D.Lgs. 24/2023, alcuna attività circa la verifica di ammissibilità della segnalazione o della sussistenza dei fatti segnalati, né – nei medesimi termini – abbia comunicato l’esito dell’istruttoria svolta.

Appare interessante sul punto notare come per ANAC il mancato rispetto dei termini di riscontro alla gestione della segnalazione equivalga al mancato seguito alla stessa.

  • Un ulteriore elemento di approfondimento riguarda, poi, il caso in cui la persona segnalante nutra fondati motivi di ritenere ragionevolmente che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto.

Detti motivi dovrebbero giustificarsi sulla base di circostanze concrete allegate dal segnalante, nonché di informazioni effettivamente acquisibili e, dunque, non su mere illazioni.

Alcuni esempi concreti potrebbero ricorrere:

  1. Nel caso in cui vi sia il fondato timore che non sarebbe svolta alcuna attività a causa di un accordo tra chi riceve la segnalazione e la persona coinvolta nella violazione;
    1. Quando vi sia stato l’occultamento o la distruzione di prove di condotte illecite di cui il segnalante sia a conoscenza;
    1. Nell’ipotesi nella quale il gestore della segnalazione, ad esempio il RPCT, sia in conflitto di interessi perché la segnalazione lo riguarda direttamente, in qualità di segnalato, oppure come segnalante. 

Altra ragione che legittima il ricorso al canale esterno in tali circostanze è data, oltre che dallo scopo di evitare che alla segnalazione non sia dato efficace seguito, dal rischio ritorsivo a carico del whistleblower.

Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui il segnalante nutra la preoccupazione di poter essere oggetto di rappresaglia per via di situazioni e/o eventi già verificatisi nella propria amministrazione/ente, come quando gli sia stata già prospettata – in modo diretto od indiretto – l’evenienza di subire un pregiudizio nell’eventualità di una segnalazione, oppure sia a conoscenza di precedenti ritorsioni o violazioni dell’obbligo di riservatezza;   

  • L’ultimo requisito alternativo riguarda quello afferente al caso nel quale la persona segnalante abbia una fondata ragione – nei termini indicati al punto 3 – di supporre che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

È il caso, questo, in cui la violazione richieda in modo evidente un intervento urgente da parte di un’autorità pubblica per salvaguardare un interesse che fa capo alla collettività quale ad esempio la salute, la sicurezza o la protezione dell’ambiente.

3. La divulgazione pubblica. Introduzione.

Un’ulteriore rilevante novità contenuta nel D.Lgs. n. 24/2023 è costituita dalla divulgazione pubblica, quale ulteriore modalità di segnalazione.

La particolarità di tale canale è data dal fatto che con esso le informazioni sulle violazioni sono rese di pubblico dominio tramite la stampa o mezzi elettronici o comunque attraverso mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone (cft. art. 2, co. 1, lett. f), D.Lgs. n. 24/2023). 

Si tratta di una modalità di segnalazione alla quale il Decreto assegna un carattere di “extrema ratio”, l’ultimo fronte al quale far ricorso solo quando gli altri strumenti, interno ed esterno, non siano o non siano stati in grado di conseguire l’obiettivo ad essi assegnato.

Alla segnalazione pubblica si può accedere quando:

  1. Al segnalante non sia stato fornito, in tempi ragionevoli, riscontro in merito alle misure previste o adottate per dare seguito alla segnalazione a fronte di una segnalazione esterna inoltrata ad ANAC, a sua volta trasmessa all’Autorità in via diretta ovvero per il mancato seguito ad altra segnalazione interna;
  2. L’interessato ha fondato motivo di ritenere ragionevolmente, sulla base di circostanze concrete e quindi, non su semplici illazioni, che la violazione possa rappresentare un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.
  3. La persona ha fondati motivi di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni oppure possa non avere efficace seguito.

4. Approfondimenti sulla divulgazione pubblica.

Affinché il soggetto che si avvalga della segnalazione pubblica delle violazioni possa effettivamente beneficiare delle tutele riconosciute dal Decreto 24, questa deve avvenire nel rispetto delle condizioni poste dal legislatore.  

Sul punto l’ANAC conduce nelle proprie Linee Guida un attento approfondimento.  

  1. Rispetto al primo presupposto, secondo cui si può accedere alla divulgazione pubblica quando né la segnalazione interna né quella esterna abbiano fornito adeguato riscontro, l’ANAC precisa che:
    1. Per la segnalazione interna, come innanzi anticipato, sia necessario che l’amministrazione/ente non abbia fornito riscontro nei termini previsti, e cioè tre mesi dalla data dell’avviso di ricevimento o, in mancanza di tale avviso, entro tre mesi dalla scadenza del termine di sette giorni dalla presentazione della segnalazione;
    1. La segnalazione esterna ad ANAC, a sua volta, deve riguardare un mancato riscontro al segnalante entro termini ragionevoli che, secondo la norma, sono pari a tre mesi o, se ricorrono giustificate e motivate ragioni, sei mesi dalla data di avviso di ricevimento della segnalazione esterna o, in mancanza di detto avviso, dalla scadenza dei sette giorni dal ricevimento;
  2. Con riferimento, invece, al caso nel quale la persona effettui direttamente una divulgazione pubblica nutrendo un fondato sospetto che la violazione possa rappresentare un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse, anche qui il criterio di giudizio deve essere quello basato su circostanze concrete (a loro volta allegate dal segnalante) ed informazioni realmente acquisibili e, dunque, non semplici illazioni.

Nelle Linee Guida, sul punto si riporta l’esempio di una situazione di emergenza o di un rischio di danno irreversibile, anche all’incolumità fisica di una o più persone, che impongono il disvelamento immediato dell’evento con la più ampia risonanza possibile per impedirne gli effetti; 

  • L’ultima ipotesi di divulgazione pubblica è quella basata su fondati motivi di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni oppure possa non avere efficace seguito perché, ad esempio, il segnalante teme che possano essere occultate o distrutte prove ovvero che chi ha ricevuto la segnalazione possa essere colluso con l’autore della violazione o coinvolto nella violazione stessa.

In merito le Linee Guida propongono, a titolo esemplificativo, il caso in cui chi riceve la segnalazione di una violazione, accordandosi con la persona coinvolta nella violazione stessa, proceda ad archiviare detta segnalazione in assenza dei presupposti. 

L’ANAC rileva poi che nella divulgazione pubblica, ove il soggetto riveli volontariamente la propria identità, non viene in rilievo la tutela della riservatezza, ferme restando tutte le altre forme di protezione previste dal decreto per il whistleblower.

Laddove, invece, la divulgazione avvenga utilizzando, ad esempio, uno pseudonimo o un nickname, che non consenta l’identificazione del divulgatore, ANAC tratterà la divulgazione alla stregua di una segnalazione anonima e avrà cura di registrarla, ai fini della conservazione, per garantire al divulgatore, qualora sia successivamente disvelata l’identità dello stesso, le tutele previste nel caso in cui subisca ritorsioni.  

Avv. Adamo Brunetti

Scarica qui le Linee Guida ANAC

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