È ripartito lo scorso 29 novembre 2023 alla Camera dei deputati l’esame del Disegno di Legge in materia di reati agroalimentari.

Già proposta durante la precedente legislatura e mai approvata prima dello scioglimento delle Camere, la proposta di legge A.C. 823, intitolata “Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di illeciti agro-alimentari“, è stata inserita nel calendario dei lavori – in quota opposizione – a partire dalla fine dello scorso anno.

La proposta reca una riforma complessiva del sistema sanzionatorio in materia di illeciti agroalimentari al fine di adeguare la relativa disciplina al cambiamento del sistema di produzione, trasformazione e vendita di beni alimentari e di contrastare il fenomeno delle frodi alimentari.

1.    Cosa prevede.

I principali obiettivi della riforma possono essere individuati:

Per perseguire tali obiettivi, la proposta:

2.    Il nuovo regime di responsabilità 231 per illecito agroalimentari.

Si intende focalizzare l’attenzione sul citato articolo 5, che modifica la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), attraverso l’integrazione del catalogo dei “reati presupposto” e la previsione di uno specifico modello organizzativo di gestione e controllo finalizzato alla prevenzione dei reati agroalimentari.

La vera novità è, però, l’inserimento dell’articolo 6-bis, concernente i modelli di organizzazione dell’ente qualificato come impresa alimentare, nel d.lgs. n. 231/2001. Tale articolo si colloca tra gli artt. 6 (reati commessi da soggetti in posizione apicale) e 7 (reati commessi dai sottoposti) del citato decreto, in cui sono delineati i parametri generali del modello organizzativo considerato idoneo ad avere efficacia esimente (se attuato prima della commissione del reato) o attenuante (se posto in essere a seguito della commissione del reato) della responsabilità dell’ente, rendendolo applicabile anche nello specifico ambito dei delitti agro-alimentari.

Dal punto di vista soggettivo, il comma 1 dell’articolo 6-bis prevede l’adozione di un modello di organizzazione e gestione aziendale per tutti gli enti che operano nei settori di attività di cui all’art. 3 del regolamento (CE) n. 178/2002, ovvero che svolgono una tra le attività connesse alle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti.

Affinché il modello organizzativo possa essere considerato idoneo ad avere efficacia esimente o attenuante della responsabilità amministrativa, l’ente deve assicurare, attraverso l’implementazione di un proprio sistema aziendale, l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici, sia di livello nazionale che di livello internazionale, in una serie di materie puntualmente elencate al comma 1:

Il comma 2, tenendo conto delle differenze dovute alla natura e alla dimensione dell’impresa nonché al tipo di attività da essa svolta, delinea i pilastri fondamentali intorno ai quali deve essere articolato il modello organizzativo, non dissimili da quanto previsto per i “Modelli 231” di “ordinaria” attuazione:

Infine, i commi 3 e 4 dell’art. 6-bis prevedono alcune semplificazioni alla struttura del modello organizzativo a favore delle micro, piccole e medie imprese che operano nel settore agro-alimentare. Il comma 3 dispone, per le piccole e medie imprese, in cui può essere difficoltoso individuare, all’interno della propria organizzazione, le figure di riferimento che possano svolgere le funzioni indicate alle lettere b) e c) del comma 2, che tali funzioni possano essere affidate ad un unico soggetto, che sia però dotato di adeguata professionalità e specifica competenza nel settore alimentare e al quale devono essere riconosciuti autonomi poteri di iniziativa e controllo. A tal fine, è prevista la creazione di un apposito elenco nazionale, da istituire, con provvedimento del Ministero delle imprese e del made in Italy, presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.  

3.    Un’analisi preliminare della riforma da approvare.

Com’è evidente, non si tratta di una delle tante modifiche normative al D.lgs. 231/2001 che si limita ad introdurre nuove fattispecie di reato-presupposto, alle quali il legislatore ci ha abituato negli ultimi vent’anni.

Tale ddl, infatti, introduce una forma di “Modello 231 speciale” che si pone a cavallo tra la disciplina del ben noto Modello 231 “ordinario” e quello altrettanto noto alle imprese previsto dall’art. 30 del D.L.gs 81/2008, in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro.

Il Ddl ha certamente il merito di provare a definire un Modello organizzativo proprio delle imprese agroalimentari, superando così un deficit di determinatezza normativa, che caratterizza i modelli 231 di tutte le altre tipologie di impresa, le quali, come noto, si limitano a fondare la propria metodologia su linee guida di associazioni private, come Confindustria, le quali non possono che essere necessariamente generiche.

Avv. Adamo Brunetti

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