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L’importanza di idonei Modelli 231: il caso di una nota società operante nel mondo della moda.

caso di un noto fashion brand
231 / Aziende / Business

L’importanza di idonei Modelli 231: il caso di una nota società operante nel mondo della moda.

Come risultante da diversi organi di informazione, il Tribunale di Milano, sezione Misure di prevenzione, ha recentemente disposto l’amministrazione giudiziaria nei confronti di una nota società operante nel mondo della moda, a causa di delitti relativi allo sfruttamento di lavoratori nell’ambito di processi produttivi in subappalto.

Risulterebbe che, a seguito di un’inchiesta dei carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro, l’azienda, è stata «ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo». In particolare, la casa di moda avrebbe massimizzato i profitti ricorrendo a «opifici cinesi» e «facendo ricorso a manovalanza in nero e clandestina».

L’azienda ha inviato una nota stampa comunicando di «essersi messa tempestivamente a disposizione delle autorità preposte, non essendo peraltro indagati né la Società né i propri rappresentati, al fine di garantire e implementare da parte di tutti i suoi fornitori, il rispetto delle norme in materia di tutela del lavoro», chiarendo anche che «tutti i rapporti di fornitura della società sono disciplinati da un preciso codice etico a tutela del lavoro e dei lavoratori al cui rispetto ogni fornitore è vincolato. Laddove emergessero attività illecite effettuate da soggetti terzi, introdotte a insaputa della società nella filiera produttiva, assolutamente contrari ai valori aziendali, si riserva di intervenire nei modi e nelle sedi più opportune, al fine di tutelare i lavoratori in primis e l’azienda stessa».

Per i magistrati rileva il fatto che:

  • la società non si fosse dotata di modelli organizzativi idonei a impedire (in base al d.lgs. n. 231 del 2001) la commissione di delitti nell’interesse aziendale;
  • non abbia mai svolto alcun efficace audit interno e si sia, anzi, spesso accontentata solo della dichiarazione formale degli appaltatori ufficiali di non subappaltare a terzi senza autorizzazione.

In particolare, si desume che il provvedimento riguardi l’agevolazione, anche solo in via colposa, della commissione del reato di «caporalato» da parte di una serie di altre persone invece indagate (i gestori dei laboratori clandestini).

Si tratta, in ogni caso, di un provvedimento che sottolinea, ancora una volta, l’importanza della predisposizione ma soprattutto dell’efficace implementazione di modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D.lgs. 231/2001 idonei a prevenire reati della stessa specie.

Dal caso in esame si evince l’importanza di delineare idonei protocolli di comportamento rispetto alla prevenzione dei delitti contro la personalità individuale e, nello specifico, per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603-bis c.p., c.d. caporalato), come ad esempio l’obbligo non solo di prevedere clausole contrattuali di rispetto dei diritti dei lavoratori, ma anche di effettuare controlli effettivi, soprattutto in contesti di esternalizzazione di processi produttivi, mediante l’istituto dell’appalto e del sub-appalto (monitorando, eventualmente, eventuali elusioni del divieto di sub-appalto in assenza di autorizzazione del committente).

In tale ottica, diviene fondamentale sia monitorare i protocolli previsti dal Modello 231 adottato sia, dal punto di vista dell’Organismo di Vigilanza, verificare che tali controlli siano effettivamente attuati.

Quest’ultimo, nell’ambito dei propri poteri, deve segnalare eventuali discostamenti dal Modello e, nel caso, raccomandare proposte di aggiornamento al CdA.

Avv. Adamo Brunetti

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