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Le Sezioni Unite sull’indebita percezione di erogazioni pubbliche: una pronuncia anche 231

articolo 2025.05.15
231 / Giustizia / reati

Le Sezioni Unite sull’indebita percezione di erogazioni pubbliche: una pronuncia anche 231

Commento a Corte di Cassazione -SS.UU. pen.- sentenza n. 11969 del 28-11-2024

1. Introduzione

La recente sentenza n. 11969/2025 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione si colloca in un contesto giurisprudenziale particolarmente controverso, ove la qualificazione giuridica delle condotte che danno luogo all’indebita percezione di erogazioni pubbliche ha sollevato numerosi problemi applicativi e sistematici.

L’art. 316-ter del codice penale, introdotto dalla legge n. 300/2000, mirava a colmare un vuoto sanzionatorio che si pone tra la truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640-bis c.p.) e l’illecito amministrativo o contabile.

La sentenza in esame rappresenta una sintesi autorevole delle interpretazioni più significative emerse nella prassi applicativa, intervenendo su due aspetti fondamentali della fattispecie: la rilevanza penale delle omissioni informative e la qualificazione del reato in caso di erogazioni pubbliche con cadenza periodica.

2. Il caso

La Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma di una decisione emessa dal Tribunale della medesima città, escludeva, con riferimento al reato presupposto di truffa aggravata di cui agli artt. 110,640-bis cod. pen. (capo A), la responsabilità di una società a responsabilità limitata per l’illecito amministrativo previsto dagli artt. 5, comma 1, lett. a), 6, 24, comma 2, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 perché il fatto non sussiste riqualificando, ai sensi dell’art. 316-ter cod. pen., il reato presupposto dell’analogo illecito amministrativo oggetto di un altro capo di imputazione, anch’esso originariamente contestato come delitto di truffa aggravata preveduto in un’ulteriore imputazione.

Oltre a ciò, la Corte territoriale salentina applicava altresì alla predetta società la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 150.000 e la sanzione interdittiva del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per la durata di sei mesi, con l’esclusione, per la stessa durata, dell’accesso ad agevolazioni, finanziamenti contributi e sussidi, riducendo ad Euro 3.297.641,00 l’ammontare della somma oggetto della confisca, disposta anche per equivalente, in relazione al profitto dell’illecito di cui ad uno dei capi di accusa contestati nel caso di specie.

Ciò posto, avverso la sentenza emessa dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore di questa società, deducendo i seguenti motivi: 1) e 2) violazioni di legge e vizi della motivazione con riferimento alla configurabilità dell’illecito di cui al combinato disposto degli artt. 316-ter cit. e 24, comma 2, D.lgs. cit.; 3) e 4) violazioni di legge e vizi della motivazione con riferimento alla omessa declaratoria di prescrizione dell’illecito amministrativo di cui ad uno dei capi di imputazione.

3. La rimessione della questione alle Sezioni Unite

La Sezione assegnataria del suddetto ricorso, vale a dire la Sezione sesta, rimetteva tale atto di impugnazione alle Sezioni unite ponendo: a) in primo luogo, una questione relativa alla corretta qualificazione giuridica del fatto oggetto del reato presupposto nell’ipotesi in cui la condotta abbia prodotto un mero risparmio di spesa per effetto del versamento parziale dei contributi previdenziali dovuti per i lavoratori assunti dalla società ricorrente; b) in secondo luogo, nel caso in cui fosse stato reputato configurabile il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche di cui all’art. 316-ter cit., si poneva in rilievo un’ulteriore questione, anch’essa oggetto di rimessione alle Sezioni unite, concernente l’individuazione della natura, unitaria o meno, del reato nell’ipotesi di reiterate percezioni periodiche di contributi erogati dallo Stato.
In particolare, venendo alla prima questione, siffatta Sezione semplice, pur ritenendo corretta l’esclusione della configurabilità del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all’art. 640-bis cod. pen., dubitava però che, nel caso in esame, potesse ritenersi integrata la fattispecie di cui all’art. 316-ter cit.

Difatti, richiamando i principi elaborati dalle Sezioni Unite al fine di delimitare il campo di applicazione rispetto al reato di truffa aggravata e di chiarire il concetto di erogazione (Cass. Pen., Sez. Un., sent. 19 aprile 2007, n. 16568, Carchivi; e Cass. Pen., Sez. Un., sent. 16 dicembre 2010, n. 7537 Pizzuto), l’ordinanza di rimessione osservava che tale nozione include ogni forma di contribuzione da parte degli enti pubblici, sia essa rappresentata da un’erogazione diretta in denaro oppure dalla concessione di un’esenzione da obblighi di pagamento, con l’effetto che anche in quest’ultima ipotesi il beneficiario ottiene un vantaggio economico posto a carico della collettività.

4. L’indirizzo delle Sezioni Unite

Il quadro normativo preso in esame si basa sulla disposizione ex art. 316-ter c.p. che punisce chiunque, mediante l’uso o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, ottiene indebitamente per sé o per altri contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, concessi o erogati dallo Stato, da enti pubblici
o dall’Unione Europea. L’elemento centrale della questione riguarda il significato  da attribuire al termine “ottenere” in presenza di vantaggi che non consistono in somme direttamente corrisposte, ma in agevolazioni di natura economica indiretta.

L’ordinanza di rimessione propone il superamento del principio di diritto affermato dalle citate Sez. U Pizzuto, là dove si è ritenuto che, ai fini dell’integrazione del reato previsto dall’art. 316-ter cit., si ha erogazione, pur in assenza di una materiale elargizione di denaro, quando il richiedente ottiene un vantaggio economico posto a carico della comunità.

Si assume, sotto tale profilo, che sarebbero estranei al perimetro applicativo della fattispecie i casi in cui non si verifica alcuna percezione di denaro pubblico, ma si ottiene un mero risparmio di spesa in conseguenza del versamento, allo Stato o all’ente pubblico, di una somma inferiore a quella dovuta.

Risolvendo il contrasto giurisprudenziale, le Sezioni Unite hanno tracciato i limiti dell’art. 316-ter e valorizzato la ratio della norma, che è quella di reprimere ogni indebita acquisizione di vantaggi economici provenienti dallo Stato o da enti pubblici, indipendentemente dalla forma con cui questi si manifestano (finanziamento diretto, esenzione, contributo figurativo, ecc.). Il bene giuridico tutelato va individuato nella correttezza e trasparenza dei rapporti tra privati e pubblica amministrazione, e non soltanto nella difesa dell’erario da prelievi indebiti.

Le Sezioni Unite hanno, quindi, richiamato l’indirizzo relativo alla qualificazione giuridica della condotta di indebita fruizione dell’esenzione dal pagamento del c.d. ticket sanitario, conseguita mediante una falsa dichiarazione circa le condizioni di reddito indicate dalla legge (Sez. U, n. 7537 del 16/12/2010, dep. 2011, Pizzuto, cit.). in continuità con tale indirizzo, inoltre, la S.C. ha ribadito la necessità di interpretare la locuzione «contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo» in senso non strettamente tecnico ed ancorato alla legislazione di settore, bensì attribuendole un’ampia estensione semantica, ritenuta congeniale al perseguimento delle finalità che avevano portato il legislatore ad introdurre nel sistema la fattispecie di reato in esame.

Al riguardo, in particolare, la nozione di “contributo” è stata intesa «quale conferimento di un apporto per il raggiungimento di una finalità pubblicamente rilevante», precisando che «tale apporto, in una prospettiva di interpretazione coerente con la ratio della norma, non può essere limitato alle sole elargizioni di danaro». Sotto tale profilo è stata precisata in sentenza la nozione di erogazione, stabilendo il principio secondo cui integra il reato «la falsa attestazione circa le condizioni reddituali per l’esenzione dal pagamento del ticket per prestazioni sanitarie e ospedaliere che non induca in errore ma determini al provvedimento di esenzione sulla base della corretta rappresentazione dell’esistenza dell’attestazione stessa».

L’interpretazione offerta si fonda sull’equiparazione tra erogazione diretta e agevolazione indiretta, valorizzando l’effetto finale della condotta: l’ottenimento di un indebito vantaggio economico. Le Sezioni Unite sottolineano come, a fronte di un comportamento omissivo o dolosamente reticente, il soggetto ottenga un trattamento economico di favore, inducendo in errore la pubblica
amministrazione. Pertanto, la struttura dell’illecito si realizza pienamente anche in assenza di un trasferimento monetario esplicito.

La seconda questione affrontata riguarda la natura unitaria o meno del reato nel caso in cui la percezione indebita sia frutto di più atti reiterati nel tempo. La Corte ha precisato che in presenza di un’unica situazione fraudolenta, dalla quale derivino plurime erogazioni successive, deve ritenersi sussistente un unico reato a consumazione prolungata. Ciò si verifica soprattutto nei casi in cui il soggetto, con una sola condotta omissiva, riesca a ottenere un beneficio reiterato, che si rinnova in forza di un meccanismo automatico o predeterminato.

Tale impostazione si pone in discontinuità con alcuni orientamenti precedenti, che avevano ipotizzato una pluralità di reati in presenza di ogni singola percezione, anche se originata dalla medesima condotta iniziale. L’adozione della tesi della consumazione prolungata consente di evitare frammentazioni interpretative, e offre una lettura più coerente con il principio di offensività, valorizzando l’unitarietà dell’evento dannoso per la pubblica amministrazione.

Questa ricostruzione ha effetti significativi anche sotto il profilo processuale: in particolare, influisce sul calcolo dei termini di prescrizione, che decorreranno dal momento della percezione dell’ultima erogazione indebita. Inoltre, determina la competenza territoriale del giudice, da individuarsi nel luogo in cui è avvenuto il pagamento finale.

Infine, le Sezioni Unite ribadiscono l’importanza dell’elemento soggettivo del reato, che richiede la consapevolezza e volontà di indurre in errore la pubblica amministrazione al fine di ottenere il beneficio economico non spettante. Non è sufficiente la mera irregolarità amministrativa o la violazione formale di obblighi dichiarativi: è necessario un quid pluris, rappresentato dal dolo generico, inteso come coscienza e volontà della condotta finalizzata all’ottenimento indebito dell’erogazione.

5. Conclusioni

In conclusione, la sentenza delle Sezioni Unite contribuisce a delineare con maggiore chiarezza il perimetro applicativo dell’art. 316-ter c.p., ampliandone l’ambito di rilevanza anche ai casi di risparmio di spesa, e fornendo criteri interpretativi utili per l’inquadramento delle ipotesi di percezione reiterata. Si tratta di una decisione che avrà indubbie ripercussioni nella prassi giudiziaria e nella gestione dei procedimenti in materia di reati contro la pubblica amministrazione, offrendo al contempo una chiave di lettura sistematica e coerente con i principi fondamentali dell’ordinamento penale.

Avv. Adamo Brunetti

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