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La responsabilità penale del datore di lavoro per infortunio: obblighi formativi e posizione di garanzia

articolo_2025.05.28
231 / Aziende / Giustizia / sicurezza

La responsabilità penale del datore di lavoro per infortunio: obblighi formativi e posizione di garanzia

Commento a Cass. pen., Sez. IV, 22 aprile 2025, n. 15697

Con la sentenza n. 15697 del 22 aprile 2025, la Quarta Sezione della Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul tema della responsabilità penale del datore di lavoro in materia di infortuni sul lavoro, ribadendo principi consolidati ma affrontando anche questioni rilevanti in ordine all’effettività della posizione di garanzia in capo al legale rappresentante, pure in ipotesi di prestanome, e alla causalità tra omessa formazione e verificazione dell’evento lesivo.

1. Il caso in esame

La vicenda ha per oggetto un infortunio occorso a un lavoratore intento a scaricare materiale da un furgone da cantiere, durante il quale un tubo in cemento di oltre 40 kg gli cadeva sulla mano sinistra, causandogli lesioni gravi. Il datore di lavoro, in qualità di legale rappresentante della B.B. Costruzioni S.r.l., era stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 590 c.p. per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, nonché per la violazione degli obblighi formativi previsti dagli artt. 18, 37 e 169 del D.Lgs. 81/2008.

Il ricorso proposto dall’imputato articolava quattro censure:

  1. l’insussistenza della responsabilità per la natura meramente formale della carica,
  2. l’imprevedibilità dell’evento,
  3. la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., e
  4. l’erronea determinazione della pena.

2. Il ragionamento della Cassazione

2.1 La posizione di garanzia del legale rappresentante: effettività e ruolo formale

Nel ricorso difensivo si sosteneva principalmente come l’imputato fosse un mero prestanome, senza ruolo effettivo nella gestione della società. La Corte ha tuttavia ribadito che la posizione di garanzia in materia antinfortunistica grava su chi riveste formalmente la carica di datore di lavoro, in quanto destinatario ex lege di obblighi specifici di protezione.

In particolare, la Corte ha richiamato sul tema, sia l’art. 2  del D.lgs. 81/2008, che definisce il datore di lavoro quale soggetto titolare del rapporto giuridico con il lavoratore, e sia l’art. 299 del citato decreto, che  estende le responsabilità a chi, anche in assenza di formale investitura, eserciti di fatto i poteri direttivi. Permane, conclude la Cassazione, in capo al titolare del rapporto di lavoro la posizione di garanzia, a meno che questi non abbia investito tramite delega altri soggetti delle funzioni prevenzionistiche (Sez. 4. n. 2157 del 23/21/2021, dep 2002, Beccalini, Rv 282568).

2.2 Prevedibilità e “prevenibilità” dell’evento: la formazione come presidio di sicurezza

La Corte ha ritenuto infondato anche il secondo motivo di ricorso, affermando che la caduta del tubo durante la movimentazione manuale del materiale fosse un evento tutt’altro che imprevedibile, e che la mancanza di una adeguata formazione ha costituito la causa dell’evento, in quanto idonea a impedire o comunque a ridurre significativamente il rischio.

In linea con la giurisprudenza consolidata (Cass., Sez. Un., n. 30328/2002, Franzese), la responsabilità colposa è stata ancorata alla violazione degli obblighi formativi previsti dal D.Lgs. 81/2008: l’art. 37 impone al datore di lavoro di formare il dipendente all’atto dell’assunzione e in relazione alle mansioni specifiche; tale formazione è elemento essenziale nella catena causale dell’infortunio.

Interessante anche che la S.C. richiami direttamente la nozione “normativa” di formazione, ai sensi dell’art. 2, lettere aa), bb) e cc) del D.lgs. 81/2008 dove si legge che la “formazione” è il “processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi“; mentre l'”informazione” è il “complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro“; e l'”addestramento” è il “complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro“.

L’obbligo di fornire adeguata formazione ai lavoratori, è uno dei principali gravanti sul datore di lavoro, ed in generale sui soggetti preposti alla sicurezza del lavoro.

2.3 La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto

Quanto alla doglianza relativa al mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p., la Cassazione ha evidenziato che la motivazione della sentenza d’appello, pur non espressamente dedicata al tema, era idonea a escluderne l’applicabilità in quanto valorizzava, anche implicitamente, elementi ostativi quali la gravità del fatto, l’intensità della colpa e la presenza di precedenti specifici.

Con ciò, la Corte si è uniformata al consolidato orientamento per cui l’applicazione dell’art. 131-bis rientra nella discrezionalità del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo in presenza di manifesta illogicità della motivazione (Cass., Sez. 3, n. 43604/2021, Cincolà).

2.4 Conclusioni

La sentenza in commento conferma la linea rigorosa della giurisprudenza di legittimità in materia di sicurezza sul lavoro, sottolineando come la posizione di garanzia del datore di lavoro non possa essere elusa con richiami alla mera apparenza formale del ruolo e come l’obbligo formativo rappresenti un presidio centrale nella prevenzione degli infortuni.

Il principio di effettività, pure evocato dal ricorrente, non può prevalere sulla tutela oggettiva del lavoratore, che fa legittimo affidamento sulla regolarità del sistema prevenzionistico aziendale.

Avv. Adamo Brunetti

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