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La responsabilità penale del datore di lavoro in materia di salute e sicurezza.

La responsabilità penale del datore di lavoro in materia di salute e sicurezza
231 / Aziende / sicurezza

La responsabilità penale del datore di lavoro in materia di salute e sicurezza.

QUANDO LA DELEGA PUÒ FARE LA DIFFERENZA.

Breve commento a Cassazione penale sez. IV – 27/06/2023, n. 38913

Uno dei temi più “caldi” in materia di reati colposi commessi in violazione delle norme sulla salute e sicurezza sul lavoro è senza dubbio quello delle deleghe.

Il dibattito sull’argomento, in particolare, è spesso incentrato sull’esatta individuazione dei confini tra responsabilità penale del soggetto delegato e responsabilità del delegante,vale a direil datore di lavoro, quando costui si sia avvalso di tale strumento per assegnare ad altro soggetto alcuni dei compiti che la normativa riconosce direttamente a lui.

Ed è appunto ciò di cui si è occupata la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. IV penale n. 38913 del 27 giugno 2023, con una decisione che, condannando il soggetto delegato per l’infortunio ad un lavoratore, conferma l’orientamento ormai consolidato sull’argomento, quello cioè secondo cui – per individuare correttamente il soggetto responsabile all’interno delle organizzazioni complesse – occorre verificare in concreto se e in quale misura la delega abbia contribuito alla “riscrittura della mappa dei poteri e delle responsabilità”, tenendo conto dei principi della c.d. culpa in vigilandoe della c.d. culpa in eligendo. 

1.     Il caso.

La pronuncia della Suprema Corte nasce dal ricorso contro una sentenza della Corte d’appello di Milano che il 25.11.2022, confermando la decisione di prime cure del Tribunale di Como, aveva ritenuto colpevole il responsabile per la sicurezza di un’azienda imputato per il reato di cui all’art. 590 comma 2 c.p. con riferimento all’art. 583 comma 1 nn. 1 e 2 e comma 3 c.p.

Nello specifico, oggetto del giudizio riguardava un infortunio occorso ad un dipendente della medesima società e responsabile della produzione della sua area di lavoro, il quale, si trovava con la mano destra incastrata tra la cinghia ed il mandrino a causa di un grosso grumo di colla riuscendo a liberarsi solo piegando le ginocchia ed effettuando un notevole sforzo fisico.

L’incidente provocava all’infortunato lesioni personali consistite in “trauma da schiacciamento mano destra frattura stiloide ulnare” da cui è derivata un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per giorni 130, con indebolimento permanente di un organo individuabile in deficit estensorio del polso destro di circa 1/4“.

La responsabilità dell’imputato si fondava, in entrambe le pronunce di merito, sul fatto che lo stesso aveva messo a disposizione una macchina non conforme ai requisiti di cui all’art. 70, comma 2, D.Lgs. n. 81 del 2008 ed inidonea in quanto carente di dispositivi atti a garantire che il contatto tra il lavoratore e gli elementi mobili potesse avvenire solo a macchina ferma e non aveva provveduto in violazione dell’art. 64 lett. c), D.Lgs. n. 81 del 2008 ad assicurare regolare e sufficiente manutenzione agli impianti.

2.    La decisione della Cassazione.

Nelle sue argomentazioni, la Suprema Corte muove le proprie considerazioni intorno alla complessità degli adempimenti in materia di sicurezza del lavoro e la loro corretta gestione, i quali inducono i soggetti in posizione di vertice ad avvalersi, per lo svolgimento delle connesse attività, di articolazioni più complesse.

La giurisprudenza di legittimità ha affermato più volte sul punto che la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite e, tuttavia, detta vigilanza, determina senz’altro un obbligo differente rispetto a quello gravante sul delegato, avendo ad oggettola correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato cui spettano invece gli adempimenti connessi agli ambiti di competenza che gli sono stati trasferiti.

Da questo assetto, chiarisce il giudice di legittimità, sorge il problema di verificare se l’assegnazione ad altri di compiti fisiologicamente gravanti sul soggetto che riveste la posizione di garanzia (il datore di lavoro) all’interno della struttura, possa sortire effetto sul meccanismo di individuazione delle responsabilità, comportandone la corretta e non patologica traslazione in capo al delegato.

2.1.  La disciplina della delega di funzioni.

L’istituto a ciò preposto è la delega di funzioni, con il quale il datore di lavoro – unico soggetto a ciò titolato ex lege, mentre non sono legittimati a esercitare la delega il dirigente e il preposto – trasferisce i poteri e responsabilità per legge connessi al proprio ruolo ad altro soggetto. Quest’ultimo diventa garante a titolo derivativo, con conseguente riduzione e mutazione dei doveri facenti capo al soggetto delegante.

Come noto, la disciplina legale dell’istituto è stata introdotta per la prima volta dal D.Lgs. n. 81 del 2008, che all’art. 16 ne ha dettato i requisiti, peraltro con ampio recepimento della elaborazione giurisprudenziale formatasi in precedenza.

In aderenza al principio per cui, al fine di assicurare un efficace sistema di tutela della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, la traslazione dei poteri deve essere presidiata con la previsione di regole formali e sostanziali, il legislatore ha previsto una serie di limiti e condizioni.

La norma richiede che:

  • la delega risulti da atto scritto recante data certa;
  • il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate,
  • attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate,
  • attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate, infine, che sia accettata dal delegato per iscritto.
  • la delega per essere operativa deve essere resa conoscibile mediante adeguata e tempestiva pubblicità (sia nell’ambito dell’organizzazione attraverso attività di informazione, circolari, esposizione in bacheca, ecc., che presso i terzi a mezzo di pubblicazione sui pubblici registri).

In capo al datore di lavoro permane l’obbligo di vigilanza in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite e tale obbligo si intende assolto in caso di adozione ed attuazione efficace del modello di verifica e controllo di cui all’art. 30 D.Lgs. n. 81 del 2008. Tale obbligo si riferisce all’adozione ed efficace implementazione di modelli di cui al D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (c.d. Modelli 231), con riferimento ad i reati di salute e sicurezza sul lavoro.

Infine, non sono delegabili alcuni obblighi, qualificabili come “essenziali” per definire un datore di lavoro nella sua posizione di garante all’interno del contesto produttivo:

  • la valutazione dei rischi,
  • la redazione del relativo documento (DVR) e
  • la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP).

2.2.  I chiarimenti della Cassazione sull’orientamento consolidato.

La delega determina, quindi, la riscrittura della mappa dei poteri e delle responsabilità in materia di sicurezza all’interno dell’organizzazione.

Il trasferimento non deve avere ad oggetto l’intera gestione aziendale, ma può avere ad oggetto un ambito definito e in tale ambito il ruolo del soggetto delegato deve essere caratterizzato da pienezza di poteri, in primo luogo di quelli di spesa. Il trasferimento dei poteri, inoltre, deve essere effettivo e non meramente cartolare.

A sostengo di tale tesi, la Corte riporta che il mero rilascio di una delega di funzioni non è sufficiente per escludere la responsabilità del delegante in mancanza di elementi che depongano per l’effettiva competenza tecnica del delegato, per il positivo esercizio dei poteri conferiti, per l’autonomia di intervento e per l’adozione di modelli organizzativi e gestionali idonei, (Sez. 3, n. 27587 del 16/06/2020, Rv. 280159).

Infine, in caso di delega di funzione, permane comunque in capo al datore di lavoro delegante un preciso dovere di vigilanza in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite (culpa in vigilando) e prima ancora un preciso dovere di individuare quale destinatario dei poteri e delle attribuzioni un soggetto dotato delle professionalità e delle competenze necessarie (culpa in eligendo).

Una volta riassunti i temi principali alla base della propria decisione, la Corte di Cassazione ha quindi confermato la correttezza dalla motivazione della Corte d’Appello, ritenendo giuridicamente fondati i passaggi logici che hanno condotto all’affermazione di responsabilità del soggetto delegato dal datore di lavoro, amministratore delegato e legale rappresentante della società, a compiere diverse attività in materia di sicurezza sul lavoro a seguito di di una delega di funzioni ex art. 16 D.Lgs. n. 81 del 2008 conferita con procura datata 8.7.2014. La Corte territoriale, quindi, ha accertato la sussistenza dei requisiti formali e sostanziali che condizionano l’efficacia legale della delega in quanto atto negoziale, precisando altresì, quanto all’oggetto, che il riferimento all’art. 18 D.Lgs. n. 81 del 2008 determina un ambito ben definito della delega escludendo una responsabilità del delegato per l’intera gestione dell’azienda permanendo in capo al datore di lavoro la titolarità degli obblighi indelegabili previsti dall’art. 17 D.Lgs. n. 81 del 2008.

3.    Considerazioni conclusive.

La conclusione che si trae dalla pronuncia in commento è che, in tema di infortuni sul lavoro, la delega di funzioni – ora disciplinata precipuamente dall’art. 16 T.U. sulla sicurezza – “non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite e, tuttavia, detta vigilanza non può avere per oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni – che la legge affida al garante – concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato; ne consegue che l’obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato – al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo – e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni”. (Sez. 4, n. 22837 del 21/04/2016, Rv. 267319).

Avv. Adamo Brunetti

Scarica qui la sentenza in commento.

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