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Direttiva Whistleblowing: il Governo approva lo schema di decreto attuativo

Direttiva Whistleblowing: il Governo approva lo schema di decreto attuativo
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Direttiva Whistleblowing: il Governo approva lo schema di decreto attuativo

Il Consiglio dei Ministri di venerdì 9 dicembre 2022 ha (finalmente) approvato il decreto legislativo per il recepimento della Direttiva (UE) 2019/1937 relativa alla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto UE (whistleblowers) recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali (c.d. Direttiva Whistleblowing).

Lo scopo della Direttiva è quello definire strumenti di tutela per i whistleblowers all’interno dell’Unione, tramite norme minime di salvaguardia, indirizzate ad uniformare le normative nazionali.

Attraverso lo strumento del whistleblowing, in particolare, la normativa europea intende rafforzare i principi di trasparenza e responsabilità in funzione di prevenzione di reati e, in generale, di forme di illegalità nel tessuto economico-sociale.

Sul punto vi è da segnalare che, a seguito del ritardo da parte dell’Italia nel recepimento della citata Direttiva, risultava anche avviata una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea (n. 2022/0106) con la lettera di messa in mora del 27 gennaio 2022 e successivo parere motivato da parte della Commissione europea del 15 luglio 2022. 

1. LA NORMATIVA ITALIANA “DI PARTENZA”

Prima di ogni approfondimento sul punto, occorre premettere che la normativa italiana ad oggi in vigore in materia di segnalazioni risulta, in parte, già allineata alle previsioni della Direttiva n. 2019/1937, essendo la materia del whistleblowing già regolata, sia per il settore pubblico che per quello privato, dalla Legge 30 novembre 2017, n. 179 che ha introdotto, rispettivamente, l’art. 54-bis al D.Lgs. n. 165/2001, n. 165 (T.U. Pubblico Impiego) ed i commi 2-bis e ss. all’art 6 del D.Lgs. n. 231/2001.

Più nel dettaglio, Nel settore pubblico la tutela viene riconosciuta al dipendente della pubblica amministrazione che segnali internamente (al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza) o esternamente (ad ANAC o, mediante denuncia, all’autorità giudiziaria, ordinaria o contabile) condotte illecite nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione.

Le forme di salvaguardia del segnalante si sostanziano nella garanzia, pur se entro certi limiti, della riservatezza sulla sua identità e nel divieto a suo carico di atti ritorsivi (che sono da considerare nulli e che possono comportare l’applicazione di una sanzione pecuniaria da parte di ANAC).

Nel settore privato, invece, la protezione è assai più limitata, riguardando esclusivamente i lavoratori e collaboratori degli enti che abbiano adottato il modello organizzativo ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, con riferimento ai soli illeciti rilevanti ai sensi di tale normativa.

Anche in questo caso è prevista la garanzia di riservatezza del segnalante, il divieto di atti ritorsivi dipendenti dalla segnalazione (con possibile applicazione di sanzioni disciplinari) e la previsione di una giusta causa di rivelazione di segreti che può esonerare il lavoratore da responsabilità civile e penale.

La tutela del lavoratore cessa in caso di segnalazioni infondate effettuate con dolo o colpa grave.

2. I SOGGETTI TUTELATI DALLA NORMATIVA EUROPEA SUL WHISTLEBLOWING

La protezione sancita dalla normativa di derivazione europea in materia di whistleblowing non fa differenza tra settore pubblico e settore privato con possibilità di segnalare estesa non soltanto ai dipendenti ma anche agli altri soggetti indicati dall’art. 3 del Decreto attuativo della Direttiva 1937

  • I lavoratori autonomi, i titolari di rapporto di collaborazione e liberi professionisti;
  • Gli azionisti e i membri dell’organo di amministrazione, direzione o vigilanza, compresi i membri senza incarichi esecutivi;
  • I volontari e i tirocinanti retribuiti e non retribuiti, nonché 
  • Qualsiasi persona che lavora sotto la supervisione e la direzione di appaltatori, subappaltatori e fornitori. 

Inoltre, le misure di salvaguardia si applicano anche ai c.d. facilitatori (ossia coloro che prestano assistenza al lavoratore nel processo di segnalazione), ai colleghi e persino ai parenti dei whistleblowers.

L’articolo 4 dello schema di Decreto approvato dal CdM, poi, disciplina le modalità di presentazione delle segnalazioni interne, volte a garantire la riservatezza dell’identità del segnalante, indicando i soggetti che necessariamente devono istituire i canali di segnalazione interna, ossia, secondo le definizioni di cui all’articolo 2, comma 2, lett. p) e q), i «soggetti del settore pubblico»; e i «soggetti del settore privato».

Riguardo a quest’ultima categoria, vi rientrano i soggetti – diversi da quelli del settore pubblico, i quali: 

1)  hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato; 

2) rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione di cui all’allegato, parti I.B e parteII (servizi, prodotti e mercati finanziari, sicurezza dei trasporti, tutela dell’ambiente n.d.r.), anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di lavoratori subordinati di cui al numero 1); 

3) rientrano nell’ambito di applicazione del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 e adottano modelli di organizzazione e gestione, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di lavoratori subordinati di cui al numero 1)”.

La Relazione illustrativa allo schema di decreto spiega che questi ultimi soggetti (n. 3) saranno tenuti ad istituire i canali di segnalazione interni, anche se impiegano meno di cinquanta dipendenti, solo se adottano i modelli di organizzazione e gestione già previsti dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 231/2001

E ciò “al fine di non pregiudicare le tutele in materia di whistleblowing previste da tale normativa, allo stato assicurate anche agli enti con meno di cinquanta dipendenti” (pag. 8 della Relazione)

3. OGGETTO DELLA SEGNALAZIONE

Per quanto riguarda l’oggetto della segnalazione del whistleblowing il Decreto, in linea con quanto indicato dalla Direttiva, all’art. 3 ne definisce il perimetro riferendolo ai seguenti ambiti: riferimento alle violazioni del diritto dell’Unione con lo scopo di tutelare l’interesse pubblico. Le segnalazioni di violazioni del diritto dell’Unione sono relative a diversi settori, tra cui:

  1. Illeciti amministrativi, contabili, civili o penali;
  2. Condotte illecite rilevanti ai sensi del D.Lgs. 231/2001, o violazioni dei modelli di organizzazione e gestione ivi previsti;
  3. Illeciti che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti normativi di cui all’allegato, relativamente ai settori
    • Appalti pubblici; 
    • Servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo;
    • Sicurezza e conformità dei prodotti;
    • Sicurezza dei trasporti;
    • Tutela dell’ambiente;
    • Radioprotezione e sicurezza nucleare;
    • Sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali; salute pubblica;
    • Protezione dei consumatori; 
    • Tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi;
  1. Atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione Europea;
  2. Atti od omissioni riguardanti il mercato interno, comprese le violazioni delle norme dell’Unione europea in materia di concorrenza e di aiuti di Stato, nonché le violazioni riguardanti il mercato interno connesse ad atti che violano le norme in materia di imposta sulle società o i meccanismi il cui fine è ottenere un vantaggio fiscale che vanifica l’oggetto o la finalità della normativa applicabile in materia di imposta sulle società.

4. LE MODALITÀ DI SEGNALAZIONE 

Al Capo Secondo (art. 4 e ss) il Decreto individua, tra le altre, le modalità di segnalazione che devono poter essere attuate mediante di tre diversi canali:

A) Interni;

B) esterni e 

C) pubblici. 

4.1 I canali di segnalazione interni.

Con riferimento alle segnalazioni effettuate attraverso canali interni, l’art. 4 stabilisce che:

I) I soggetti del settore pubblico e i soggetti del settore privato, sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali […], attivano, […], un proprio canale di segnalazione, che garantisca, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante e della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione”;

II) “La gestione del canale di segnalazione è affidata a una persona o a un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione, ovvero è affidata a un soggetto esterno, anch’esso autonomo e con personale specificamente formato”;

III) “Le segnalazioni sono effettuate in forma scritta, anche con modalità informatiche, oppure in forma orale

Le segnalazioni interne in forma orale sono effettuate attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ovvero, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole”.

Sintetizzando, si prevedono:

a) Strumenti di segnalazione informatica;

b) Possibilità di affidare la gestione delle segnalazioni ad un soggetto terzo, autonomo e qualificato;

c) Possibilità che le segnalazioni siano formulate per iscritto o in forma orale, mediante canale telefonico o di messaggistica vocale o, in ultima analisi, in presenza.

L’articolo 5 disciplina, poi, l’iter procedurale successivo alla segnalazione. In particolare, in conformità alla Direttiva, sono stati introdotti i termini volti a fornire riscontro al segnalante del ricevimento della segnalazione, nonché dell’attività di verifica e analisi della stessa.

A fronte della segnalazione, in particolare, il soggetto che ne gestisce il processo:

a) Rilascia al segnalante, entro 7 giorni, un avviso di ricevimento della stessa;

b) Mantiene interlocuzioni con il whistleblower anche al fine di richiedergli integrazioni;

c) Dà seguito alla stessa (la disposizione utilizza l’espressione “diligente seguito”) fornendo al segnalante un riscontro entro 3 mesi.

4.2 I canali di segnalazione esterni

Per quel che concerne i canali esterni, soggetto competente alla relativa gestione è l’Autorità Nazionale Anticorruzione.

Si tratta di un’importante novità soprattutto per il settore privato che viene attivata quando:

a) Non è prevista, nell’ambito del suo contesto lavorativo, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, anche se attivato, non è conforme a quanto previsto nell’articolo 4;

b) Il segnalante ha già effettuato una segnalazione interna ai sensi dell’articolo 4 e la stessa non ha avuto seguito o si è conclusa con un provvedimento finale negativo;

c) Il whistleblower ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito ovvero che la stessa segnalazione possa determinare il rischio di ritorsione;

d) Il segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

L’articolo 7 del Decreto prevede, poi, le modalità di presentazione delle segnalazioni all’ANAC con le stesse modalità (informatiche, scritte, orali) e secondo le medesime garanzie (riservatezza dei soggetti coinvolti) previste per le segnalazioni interne.

È prevista, inoltre, la trasmissione all’ANAC della segnalazione presentata ad un’autorità incompetente, trasmissione di cui va dato contestuale avviso alla persona segnalante (articolo 11, par. 6).

Inoltre, all’articolo 10 si prevede l’adozione di apposite linee guida da parte dell’Autorità Anticorruzione – sentito il Garante per la protezione dei dati personali – per la regolamentazione delle procedure di presentazione e gestione delle segnalazioni, così da garantire la riservatezza dell’identità del segnalante, del contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione.

Le linee guida devono essere riesaminate periodicamente, almeno una volta ogni tre anni (articolo 14 della direttiva).  

4.3 La divulgazione pubblica.

Ultimo rilevante aspetto, infine, della normativa sul whistleblowing attuativa della Direttiva 1937/2019 è quello che prevede quale ulteriore modalità di segnalazione la divulgazione pubblica.

A tale ambito è dedicato l’articolo 15 del Decreto il quale prevede la sua attivazione a determinate condizioni, e cioè: 

a) Che sia stata effettuata una precedente segnalazione interna ed esterna o direttamente esterna, alle condizioni e con le modalità previste dagli articoli 4 e 7, e non è stato dato adeguato seguito nei termini ivi previsti;  

b) Che il segnalante nutra fondati motivi di ritenere che la violazione possa rappresentare un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse (ad esempio: situazione di emergenza o rischio di danno irreversibile); 

c) Che il whistleblower abbia fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa essere inefficace considerate le circostanze del caso concreto (ad esempio, il rischio che vengano occultate o distrutte prove; che un’autorità sia collusa con l’autore della violazione o coinvolta nella violazione).

5. LE MISURE DI PROTEZIONE ED IL DIVIETO DI RITORSIONI

L’articolo 16 del Decreto detta le condizioni per la protezione del segnalante, valorizzando a tal fine la sua buona fede al momento della segnalazione e precisando, altresì, che i motivi che lo hanno indotto a segnalare sono irrilevanti ai fini della sua protezione.

Viene altresì assicurata tutela, in caso di segnalazione o divulgazione anonima, anche al segnalante che sia stato successivamente identificato e che abbia subito ritorsioni, nonché nei casi di segnalazione presentata alle istituzioni, agli organi e agli organismi competenti dell’Unione.

Fulcro dei meccanismi di protezione del segnalante è costituito dal divieto di ritorsioni nei suoi confronti (art. 17) e dalle misure di sostegno disciplinate all’art. 18.

Quanto ai fenomeni ritorsivi è, in primo luogo, stabilita l’inversione dell’onere della prova a carico del soggetto autore di comportamenti, atti od omissioni realizzati contro il segnalante, cui spetterà in definitiva di provare che gli stessi non siano stati causati della segnalazione.

All’art, 17, inoltre, sono dal legislatore tipizzate le condotte costituenti ritorsione, nel cui novero sono ricompresi:

  • Il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti;
  • La retrocessione di grado o la mancata promozione;
  • Il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro;
  • La sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell’accesso alla stessa;
  • Le note di merito negative o le referenze negative;
  • L’adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche pecuniaria;
  • La coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo;
  • la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole;
  • la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione;
  • Il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;
  • I danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi;
  • L’inserimento in elenchi impropri sulla base di un accordo settoriale o industriale formale o informale, che può comportare l’impossibilità per la persona di trovare un’occupazione nel settore o nell’industria in futuro;
  • La conclusione anticipata o l’annullamento del contratto di fornitura di beni o servizi;
  • L’annullamento di una licenza o di un permesso;
  • La richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.

Le misure di sostegno, invece, sono fornite da enti del terzo settore che operano in convenzione con ANAC e “consistono in informazioni, assistenza e consulenze a titolo gratuito sulle modalità di segnalazione e sulla protezione dalle ritorsioni offerta dalle disposizioni normative nazionali e da quelle dell’Unione europea, sui diritti della persona coinvolta, nonché sulle modalità e condizioni di accesso al patrocinio a spese dello Stato”.

6. IL SISTEMA SANZIONATORIO

L’articolo 21 disciplina le sanzioni amministrative applicabili, sia nel settore pubblico che in quello privato, dall’ANAC.

Il sistema sanzionatorio concerne diverse ipotesi comprendenti sia la gestione in sé della segnalazione (ostacolo della stessa o violazione della riservatezza), che la mancata istituzione di un’infrastruttura adeguata a consentire i report (mancata implementazione di un sistema di inoltro ovvero omessa adozione di procedure per l’invio e la gestione delle segnalazioni).

In particolare, sono previste le seguenti sanzioni:

a) Da 5.000 a 30.000 euro quando ANAC accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza;

b) Da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero che l’adozione di tali procedure non è conforme a quelle di cui agli articoli 4 e 5, nonché quando accerta che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute.

Avv. Adamo Brunetti

Scarica qui il testo del Decreto

Scarica qui il testo della Relazione illustrativa

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