Il Ministero della Giustizia sulla riforma della disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti: il contributo di Assonime
02/04/2025 2025-04-01 8:45Il Ministero della Giustizia sulla riforma della disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti: il contributo di Assonime

Il Ministero della Giustizia sulla riforma della disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti: il contributo di Assonime
Il 7 febbraio 2023, il Ministero della Giustizia ha istituito un tavolo tecnico per la revisione della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti, prevista dal decreto legislativo n. 231/2001, e ha recentemente avviato un ciclo di audizioni con associazioni, ordini professionali, accademici ed esperti della materia, allo scopo di arricchire il dibattito e acquisire elementi utili in funzione della riforma di una normativa di estrema rilevanza per le imprese e per il sistema economico e sociale nel suo complesso. Vediamone i principali contenuti.
Il Decreto 231/2001 ha favorito lo sviluppo di modelli organizzativi per la prevenzione degli illeciti, spingendo le aziende a integrare strategie di gestione del rischio e controlli interni. Tuttavia, nel corso di quasi venticinque anni di applicazione, l’impianto normativo della disciplina è rimasto invariato e le modifiche legislative hanno riguardato:
- l’espansione del catalogo dei reati, che copre ormai tutti i reati di natura economica;
- la governance dei controlli societari, con la facoltà di designare il collegio sindacale quale organismo di vigilanza;
- l’inasprimento delle sanzioni e l’adeguamento alla disciplina europea sul whistleblowing.
È invece profondamente mutato il contesto, innanzitutto, con l’estensione dei modelli di organizzazione in funzione di prevenzione anche in ambito pubblico, con la disciplina 190/2012 per le pubbliche amministrazioni, ma anche con il rafforzamento degli incentivi previsti per la quotazione nel segmento STAR della Borsa o l’acquisizione del rating di legalità e il rafforzamento della qualificazione degli operatori economici negli appalti pubblici.
Inoltre, si è affermato il rilievo della conformità dell’organizzazione dell’impresa alle regole a protezione di interessi generali, siano essi la tutela della salute e sicurezza nel lavoro, l’ambiente, la prevenzione di illeciti tributari o del commercio. Oggi il rilievo degli strumenti di prevenzione della legalità è inserito nel contesto della sostenibilità dell’attività d’impresa, attraverso nuovi obblighi di rendicontazione e condotta introdotti dalla normativa europea per le società di grandi dimensioni.
Le principali criticità della normativa attuale
1. Il regime della prescrizione
Attualmente, la prescrizione dell’illecito amministrativo degli enti segue un sistema modellato sulle regole della prescrizione civile e amministrativa. Questo meccanismo, già criticato all’epoca dell’introduzione della normativa, può portare a procedimenti giudiziari eccessivamente lunghi, come dimostrato dal caso Impregilo, in cui l’ente è stato sottoposto a un processo durato diciannove anni, mentre le persone fisiche coinvolte erano già state prosciolte per prescrizione del reato. È necessario un intervento normativo per allineare la prescrizione dell’illecito amministrativo a quella prevista per i reati delle persone fisiche, garantendo così un principio di ragionevole durata del processo.
2. La problematica dell’elusione fraudolenta del modello organizzativo
Un altro punto critico riguarda il requisito dell’elusione fraudolenta, condizione necessaria per l’esonero di responsabilità dell’ente nel caso in cui un soggetto apicale commetta un illecito. La giurisprudenza ha cercato di interpretare questo concetto, stabilendo che l’elusione deve essere caratterizzata da una condotta ingannevole e decettiva. Tuttavia, questo criterio risulta difficile da applicare in concreto, lasciando margini di incertezza. Per superare questa difficoltà, si propone di eliminare il requisito dell’elusione fraudolenta o, almeno, di semplificare la norma, equiparando la responsabilità degli apicali a quella dei sottoposti.
3. Le sanzioni e le misure cautelari
Il regime sanzionatorio previsto dal Decreto 231/2001 è particolarmente severo e prevede sia sanzioni pecuniarie molto elevate sia sanzioni interdittive che possono avere un impatto devastante sulle aziende, impedendo loro di operare. Inoltre, queste misure possono essere applicate anche in fase cautelare, prima di una sentenza definitiva, con il rischio che le imprese siano costrette a patteggiare per evitare danni reputazionali e conseguenze economiche gravi. Si propone quindi una revisione del sistema sanzionatorio per garantire maggiore proporzionalità e tutelare la continuità aziendale.
L’impatto della normativa sulle piccole imprese
Il Decreto 231/2001 è stato pensato per imprese di medio-grandi dimensioni, dotate di strutture complesse e di meccanismi di autoregolazione. Tuttavia, la normativa viene applicata anche alle piccole imprese, che spesso non hanno le risorse necessarie per adottare modelli organizzativi complessi. In aziende con pochi dipendenti e una gestione centralizzata, il modello organizzativo 231 risulta poco applicabile, poiché non è possibile distinguere chiaramente l’interesse dell’ente da quello della persona fisica che lo gestisce.
Per affrontare questo problema, alcune proposte di legge hanno suggerito di escludere le piccole imprese dall’applicazione del Decreto 231 o di introdurre modelli organizzativi semplificati. Un esempio potrebbe essere il sistema previsto dal Disegno di Legge sulle PMI, che introduce un principio di proporzionalità per gli adempimenti in materia di sicurezza sul lavoro. Si potrebbe adottare un approccio simile per il Decreto 231, affidando al Ministero della Giustizia il compito di sviluppare modelli semplificati per le micro e piccole imprese.
Le interazioni con altre discipline
1. Il rapporto tra il Decreto 231 e il Codice dei Contratti Pubblici
Una delle principali criticità della normativa attuale riguarda l’interazione tra il Decreto 231 e il nuovo Codice degli Appalti. Quest’ultimo prevede l’esclusione automatica dalle gare pubbliche per le imprese condannate ai sensi del Decreto 231 per determinati reati. Inoltre, l’articolo 98 del Codice degli Appalti consente l’esclusione discrezionale di un’azienda anche solo sulla base di una contestazione di illecito, senza una condanna definitiva. Questo meccanismo potrebbe penalizzare aziende che, pur non essendo colpevoli, si trovano coinvolte in procedimenti giudiziari, minando il principio di presunzione di innocenza.
2. Il rapporto con il Codice Antimafia
Un altro punto critico riguarda l’interazione con il Codice Antimafia, che prevede misure preventive patrimoniali per le imprese sospettate di agevolare reati di sfruttamento lavorativo, anche se l’impresa stessa non è direttamente coinvolta nel reato. Recentemente, alcuni tribunali hanno applicato misure di amministrazione giudiziaria a società della moda accusate di aver beneficiato, anche involontariamente, di illeciti commessi dai loro fornitori. Questo approccio solleva dubbi, poiché introduce una forma di responsabilità per colpa di organizzazione che non trova un chiaro fondamento nel Decreto 231. Si propone quindi una revisione normativa per evitare distorsioni nell’applicazione delle misure di prevenzione.
Nuove prospettive: incentivi e giustizia riparativa
Una possibile evoluzione della normativa potrebbe riguardare l’introduzione di meccanismi premiali per incentivare la compliance e la collaborazione con le autorità. Attualmente, il Decreto 231 prevede una riduzione delle sanzioni interdittive per le imprese che dimostrano di aver adottato misure correttive dopo la commissione dell’illecito. Tuttavia, questa disposizione si applica solo a specifici reati contro la pubblica amministrazione. Si propone di estendere questa possibilità a tutte le categorie di reato e di riconoscere benefici anche per le imprese che collaborano attivamente con le autorità.
Un’altra proposta riguarda l’introduzione della “messa alla prova” per gli enti, simile a quella prevista per le persone fisiche, che consentirebbe alle imprese di evitare sanzioni se dimostrano di aver attuato un’efficace riorganizzazione interna. Questa proposta ha generato un dibattito giurisprudenziale e, sebbene le Sezioni Unite della Cassazione abbiano dichiarato inapplicabile la messa alla prova agli enti, alcuni tribunali hanno continuato a riconoscerne la possibilità. Una riforma della normativa potrebbe risolvere questa incertezza, introducendo criteri chiari per valorizzare le condotte riparatorie delle imprese.
Conclusioni
La riforma del Decreto 231/2001 deve garantire un equilibrio tra prevenzione degli illeciti e tutela della continuità aziendale. Tra le priorità vi sono la revisione della prescrizione, la semplificazione dei criteri di responsabilità, la modifica del sistema sanzionatorio e l’introduzione di misure di incentivazione per le imprese virtuose. Inoltre, è necessario coordinare la normativa con altre discipline, come il Codice degli Appalti e il Codice Antimafia, per evitare applicazioni distorte che penalizzano le aziende. Solo attraverso un approccio bilanciato sarà possibile garantire un sistema efficace e giusto per imprese e istituzioni.
Di seguito il link per scaricare il documento: Consultazioni 5_2025.
Avv. Adamo Brunetti